
Hey driver
Where you taking us?
Stop the car now!
Stop the car right now!
Eh sì, ha corso a tutta birra l’auto di Ezra, con l’accelerata decisiva impressa da All Of Us Flames. In quel manifesto ha trovato asilo una generazione trans che si credeva orfana, disposta ad abbracciare lo smarrimento senza rinunciare alla classicità. C’è queerness oltre hyperpop e post-club, mancava giusto una voce che si degnasse di rappresentarla. Per molte fan, inclusa la sottoscritta, Forever In Sunset ha suonato la carica di una nuova epica arcobaleno.
Le responsabità pesano, le aspettative opprimono, i nervi accusano. Si è presa il suo tempo per pensare a un seguito, senza però mollare del tutto la presa: i contributi alla colonna sonora di Sex Education, un paio di singoli con l’amica Lex Walton, l’apparizione insieme a Sharon Van Etten sulla compilation TRAИƧA della Red Hot, tanto per rimarcare l’inscindibilità dalla causa. Nel frattempo il mondo è cambiato, il suo paese è sull’orlo della guerra civile, la sua gente è bersaglio di una campagna d’odio senza precedenti. Era il momento di tornare, è tornata.
Gran parte della scrittura risale in realtà al 2023, in risposta a un misterioso mancamento che l’ha spedita in ospedale. Sarà per questo che il tono generale suona più distaccato che urgente: se nell’album di tre anni fa urlava davanti a una sala gremita, qua sembra al massimo parlare allo specchio. Tantomeno stupisce che il tema generale sia la perdita di controllo, ondeggiando tra panico e abbandono (“I believe in the shiver that comes in and takes over/ I don’t wait ‘til it’s over I bathe in its waves”, canta trasognata nel primo singolo Grand Mal). Proprio in quel (bellissimo) brano, che non a caso apre il disco, è nascosta la chiave musicale per dissigillare l’opera: dal romanticismo impetuoso di AOUF si passa a un luminoso caracollare barocco. Il titolo, la ben nota definizione arcaica dell’epilessia, contrasta in modo quasi comico con il placido incedere chamber. Altro indizio è il sibillino sample introduttivo: è la prima volta che Ezra vi fa ricorso, e ne spunteranno altri nel proseguio della scaletta.
A ben ascoltare, la cura per suoni e arrangiamenti non è mai stata così certosina. Per assicurarsi questi risultati, Ezra è tornata volentieri all’ovile da Brian Deck, dietro alla console nei primi lavori degli Harpoons, approfittandone per rificcare il naso nella sua città d’origine. D’altronde, è lo stesso titolo della raccolta, tratto da un verso di Get Up delle Sleater-Kinney, a denunciare un bisogno emotivo back to basics. Prima del salto, la rincorsa.
Barocchismi, ma non solo. Se è vero che lo stupore ipnagogico di Sudden Storm fa pensare ai Mercury Rev e i violoncelli incalzanti di Slow Burn evocano addirittua Van Dyke Parks, Power Of The Moon è glam-garage a presa rapida e la Walker-iana Strange Girl si crogiola in una spoglia oscurità. Quanto ai testi, si sputano sentenze a lingua sciolta, piazzando qualche rasoiata squisitamente ebraica (una su tutte, da You Hurt Me I Hate You: “Love like the moon landing: probably fake”).
Che ne sarà di noi in questi tempi infausti? Un’unica certezza: finché il rossetto di Ezra macchierà il microfono, la nostra voce sarà amplificata.
Dream better
Dream bigger
With me
Tracklist
1. Grand Mal
2. Sudden Storm
3. Jump Out
4. Power Of The Moon
5. You Mustn’t Show Weakness
6. Submission
7. Veil Song
8. Slow Burn
9. You Hurt Me, I Hate You
10. Strange Girl
11. A World Of Love and Care
12. I Need The Angel
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