
Ebbene sì: nella Virginia Occidentale tanto cara a John Denver sopravvive l’ultima chiesa dell’Appalachia dedita allo snake handling. Nulla di nuovo, direte voi: in quella terra di mezzo dove il cristianesimo più mistico incontra il paganesimo più riverente, maneggiare serpenti vivi è pratica assodata (si pensi alla nostrana festa dei serpari di Cocullo, dedicata a San Domenico abate). Il punto è che la declinazione southern ha alzato l’asticella della temerarietà a un livello cruento.
Tutto ebbe inizio nei lontani anni 10 dalla predicazione del pentecostale George Went Hensley: ossessionato da un’interpretazione un po’ troppo testuale del famigerato Marco 16:18, si convinse che quel “prenderanno in mano dei serpenti” fosse un precetto da seguire alla lettera per provare l’incrollabilità della propria fede. Uno zelo che costò caro a lui come ad altri seguaci della sua dottrina (tra cui la star televisiva Jamie Coots), tutti fermi assertori dell’immunità al veleno di ogni vero credente.
Ma le peculiarità non si esauriscono qui: laddove la più scalmanata delle confraternite si accontenta dell’estasi gospel, i sperpentofili preferiscono la ruvidezza al sangue del blues, con una band in piena regola a elettrizzare i sermoni dell’officiante. E a chi obietta sulla natura non proprio pia della musica del diavolo, replicano senza scomporsi che, semmai, è stato Satana a rubarla a loro.
Per la prima release Sublime Frequencies ambientata in patria, Bishop ha spedito sul campo nulla meno che Ian Brennan, asso della field recording con la valigia ingombra di adesivi e relativa sfilza di nomination ai Grammy, di cui uno intascato nel 2011 per Tassili dei Tinariwen. Proprio l’esperienza tra i tuareg deve aver illuminato il febbrile tour de force tecnico (“recorded 100% live without overdubs”, è pronto a giurare): queste liturgie venefiche non sono poi così distanti dalle ipnotiche cavalcate saheliane.
Il protagonista indiscusso è il corpulento pastore Chris, forte di un rantolo alla Howlin’ Wolf e un albero genealogico di tutto rispetto (padre e fratello azzannati a morte dal rettile di turno, mentre lui è salvo “per miracolo”). Posseduto da un fervore degno del Cave berlinese, eccolo dimenarsi oltre l’altare con il fido crotalo abbarbicato al braccio, incalzato del crepitio delle chitarre e dal crescente invasamento dei presenti. Esotico, no?
Con l’immaginario “sudista” ormai monopolizzato dalla distopia trumpiana, questa funzione sulfurea rievoca uno spirito primitivo e conturbante, restituendo al folklore quello che la politica ha arbitrariamente espropriato.
Tracklist
1. Spirit Of God
2. Jesus Has To Be #1
3. I m a Lord Jesus Man
4. ADHD Meds & Starbucks
5. Rock and Roll Was Stolen from God By Satan
6. Prepare For The Times of Famine
7. Television Soap Operas Battles
8. Do You Love Him?
9. Taking Up Serpents (And It s Alright)
10. Maybe I Won’t Do What I Say I d Do
11. Don t Worry It s Just A Snakebite (What Has Happened to This Generation?)
12. Just A Few More Miles (I ve Got No Reason to Quit)
13. He Is #1
[lo trovi anche su Ondarock]