
Chi ha paura del Sudafrica? Tra la coraggiosa denuncia dei crimini israeliani e l’ossessione trumpiana per l’inesistente (quello sì) genocidio afrikaner, ormai non passa giorno senza che il paese finisca sui titoloni. La verità è che, al netto delle sue molte contraddizioni, la locomotiva morale dei BRICS sta tracciando un’alternativa fra l’imperialismo occidentale e i dispotismi sino-russi, ricollegandosi idealmente allo spirito non allineato della Conferenza di Bandung. Dovesse farcela, sarebbe una bella rivincita contro i suoi infimi detrattori.
Un consiglio che possiamo dare al biondo inquisitore è di risparmiarsi qualche panzana contro chi ha i capelli blu, pena la sopraffazione da parte della debordante Moonchild Sanelly. La fata turchina, autoproclamatasi figlia della luna senza disdegnare la qualifica di “president of female orgasm”, è un concentrato di virtù sex-positive da far scoppiare una camera termica. Carattere peperino e curve generose, ha fatto di sé stessa un monumento all’empowerment femmile a suon di social spregiudicati e interviste senza filtri, alzando il tiro con una linea d’abbigliamento e un “naked club” di sua invenzione, fino a un account OnlyFans che è già leggenda. E dato che con le definizioni ci sa fare, si è cucita addosso un genere musicale tutto suo: “future ghetto funk”, vale a dire un prorompente cocktail di r’n’b, hip hop, bass, kwaito e amapiano, cantato per lo più in lingua xhosa.
Terzo disco a un decennio esatto dall’esordio, Full Moon esplode di gioia e vita, calciando via senza remore chiunque si frappona tra lei e i suoi obiettivi. E mentre la musica miete bassi senza tregua, Moonchild è irrefrenabile tra gli ammiccamenti sotto la cintura di Big Booty, lo scioglilingua all’arma bianca di In My Kitchen e le assonanze turbinose di To Kill A Single Girl (Tequila), ma sa anche raccogliersi in amare riflessioni (Falling) quando non in accorate preghiere (Mntanami). Ne esce un ritratto da paladina della libertà e delle libertà, donna nera e bisessuale in uno spumeggiare di orgoglio intersezionale.
In Sudafrica i problemi non mancano di certo (quale nazione può dirsene esente?), ma la luce azzurra riflessa da Moonchild basta e avanza per rischiararne i lati d’ombra, confinando nelle tenebre i vari teppistelli con le ore contate.
Tracklist
1. Scrambled Eggs
2. Big Booty
3. In My Kitchen
4. To Kill A Single Girl (Tequila)
5. Do My Dance
6. Falling
7. Gwara Gwara
8. Boom
9. Sweet & Savage
10. I Love People
11. Mntanami
12. I Was The Biggest Curse
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